Agevolo con un semplice copia/incolla un’interessantissimo articolo di Paolo Scroccaro (che ringrazio personalmente, mio professore di filosofia al Classico, ndr) sulla riscoperta del profondo pensiero cosmocentrico di Platone che potrebbe assumere oggi un’accezione direi quasi salvifica. Buona lettura.
La fondazione dell’Accademia …è l’evento più memorabile nella storia della cultura dell’Europa occidentale. (A.E. Taylor: Platone. L’uomo e l’opera, La Nuova Italia, 1987, pag. 13)
Alle radici della tradizione occidentale: l’Accademia platonica (387 a.C.)
Un luogo comune ampiamente diffuso (vedi manualistica liceale e universitaria) vuole che la filosofia greca sia la culla della civiltà occidentale: in questa affermazione (benché retorica e giocata quasi sempre in chiave eurocentrica) vi è una parte di verità; basti considerare che l’Accademia di Platone, con le sue innumerevoli diramazioni neoplatoniche, ha ravvivato per molti secoli il mondo occidentale (ed anche altre culture legate al Mediterraneo, non escluso il mondo islamico nelle sue componenti più metafisiche). Nell’affermazione sopra riportata di Taylor non vi è perciò nessuna esagerazione: essa offre anzi materia di seria riflessione, per quanti hanno a cuore la rivitalizzazione effettiva del nostro mondo, che non è riducibile alle dispute superficiali e politicizzate sulla cristianità o meno dell’Europa, dimenticando altre istanze.
Perché l’età moderna cerca di “dimenticare Platone” e si affida ad altre filosofie?
Alcuni hanno sostenuto che in definitiva le filosofie moderne sarebbero dei commenti a vari aspetti della filosofia platonica (ed anche in questo c’è una parte di verità). Ciò nonostante, l’influsso del Platonismo, notevole fino all’età umanistico-rinascimentale, si eclissa rapidamente nel corso della modernità: questo a vantaggio di altre filosofie tipicamente moderne, che fanno capo a quegli autori “vincenti”che entrano a pieno titolo nelle canoniche “storie della filosofia moderna” che si insegnano a scuola (i vari Galilei, F. Bacone, Cartesio, Locke, Kant, Fichte, Hegel, Marx…). Si tratta di filosofie per certi versi molto diverse e talvolta antitetiche (spiritualistiche o materialistiche, monistiche o dualistiche, empiristiche o razionalistiche, antiscientifiche o filoscientifiche, di destra o di sinistra…).Ciò nonostante, esse presentano straordinari e decisivi tratti comuni:
– la contrapposizione uomo- natura (e quindi il ripudio di una vecchia alleanza);
– l’antropocentrismo più o meno accentuato;
– la nuova fede nell’attivismo progettante (che presenta, secondo i casi, tonalità economicistiche, tecnoscientifiche, spiritualistiche, laiche, misticoidi, sviluppiste…).
Tali tratti comuni delle filosofie vincenti, esprimono molto bene la tendenza di fondo della civiltà moderna.
Tornare a Platone?
In una recente intervista televisiva (10 marzo 2006, Tg2), Giovanni Reale ha annunciato con una certa enfasi che Platone è oggi il filosofo più richiesto del momento, per lo meno in Europa. Ovviamente, i motivi di tale richiesta sono i più svariati, e non sempre degni di attenzione. Tuttavia, un fatto appare significativo: nella misura in cui i valori-guida della modernità si incrinano e perdono affidabilità, perché non sono in grado di assicurare quanto promesso (vedi crescita, sviluppismo, consumismo…)e si avverte l’insostenibilità dell’attuale modello di civiltà, si creano fenditure in cui si insinuano spezzoni di culture che erano state rimosse nel corso della civilizzazione moderna. In questo contesto, quasi d’istinto e sia pur confusamente, in Occidente c’è chi si rivolge al Platonismo: questo acquista il sapore di un appello salvifico, che attende di essere elaborato.
Soffermiamoci perciò su alcuni aspetti etici e politici della filosofia platonica.
L’oppressione dei poteri coercitivi e la forza d’attrazione della saggezza
Sono note le critiche platoniche alla democrazia maggioritaria e alla tirannide: le decisioni prese a maggioranza, ma non illuminate dalla saggezza, non assicurano Pace, Armonia e Giustizia, che sono i requisiti di qualsiasi buon governo. Lo stesso dicasi, e a maggior ragione, per quanto riguarda la tirannide. Di qui il carattere più o meno oppressivo, conflittuale e ingiusto dei vari governi storici, che oscillano tra forme democratiche e forme tiranniche. Consapevole delle imperfezioni e dei limiti strutturali del mondo storico, nel quale è impossibile realizzare appieno l’archetipo sapienziale iperuranico, Platone ritiene che occorra comunque ispirarsi ad esso, per migliorare il più possibile il mondo di quaggiù. Ciò spiega l’intervento diretto o indiretto di molti filosofi platonici anche in campo politico.
A differenza dei poteri politici, che vengono imposti per via coercitiva, la saggezza esercita il suo influsso sottile per forza d’attrazione: le civiltà migliori sono quelle piùsensibili a tale attrazione, mentre le altre sono destinate alla disgregazione e al decadimento (similmente dicasi per quanto concerne i singoli individui).
Mancanza di “rispetto” e “ingiustizia cosmica”: l’essenza dei poteri violenti
La mancanza di “rispetto” colpisce non solo gli umani, ma anche gli dei e gli esseri non-umani: di qui il sorgere della violenza nei confronti di chi non viene “rispettato”. Quando qualcosa del genere accade, siamo in presenza di forme politiche unilaterali e ingiuste, poiché esse assecondano interessi e punti di vista più o meno parziali, trascurando e svalutando tutto il resto. Ciò comporta un grave sbilanciamento cosmico, all’interno del quale certi enti vengono privilegiati a danno degli altri, che vengono violentati (l’antropocentrismo costituisce l’esempio più tipico di “ingiustizia cosmica”).
In questi casi, si nota l’assenza di una vera “arte politica”: quest’ultima, infatti, è tale solo se, ispirandosi alla saggezza iperuranica, collabora nel tenere in equilibrio “la Bilancia cosmica di Zeus”. Essa viene configurata come un’arte unitiva, capace di coordinare e armonizzare le altre arti e le varie esistenze, umane e non-umane, ridisegnando in qualche modo quell’alleanza tra uomo e natura testimoniata da antichi miti (che conservano una funzione altamente educativa anche per noi).
Oltre l’antropocentrismo: l’alleanza tra uomo e natura
I miti sono le tracce di una sapienza originaria cui occorre rivolgersi; alcuni conservano la memoria della solidarietà simpatetica tra uomo e natura: vedi il mito dei “Nati dalla Terra” e quello della “Terra Pura”. Essi alludono in modo aperto ad una totale trasparenza e intimità, simbolizzata dal fatto che in tempi arcaici gli umani nascevano direttamente dalla Terra, sapevano comunicare con alberi e pietre, e praticavano la filosofia assieme agli animali…La “Terra Pura” è la Terra archetipica, non degradata, in cui gli dei parlano direttamente agli umani; è la Terra Ospitale, che accoglie allo stesso modo umani e divini, vegetali e animali, pietre e metalli…essi sono tutti affratellati e partecipano di uno stesso Soffio universale, che tutti li accomuna…
Il respiro cosmico di Gaia: tutto è relazionato
Altri miti ricordano che la vita universale è essenzialmente Respiro: esso pervade e vivifica tutti gli esseri e il cosmo intero, rappresentato come un grande organismo vivente, imprimendogli ordine e armonia. Tale azione viene esercitata tramite energie opposte, che modulano in perpetuo il ritmo macrocosmico e microcosmico di inspirazione ed espirazione (Platone si limita a riprendere la dottrina tradizionale dell’integrazione degli opposti). L’Anima mundi, forza intelligente e vivificatrice, è invisibile: il suo cuore pulsante, il tamburo battente del pianeta, che in quanto tale ne governa il ritmo respiratorio, è celato negli abissi del Tartaro. Tale celatezza va considerata nel suo risvolto positivo: essa comporta una dimensione di inaccessibilità, quindi di inviolabilità. La tracotanza degli umani, denunciata da Sofocle e altri, può turbare e manomettere gli aspetti più accessibili ed esposti del mondo naturale, ma non può inoltrarsi nei profondi meandri del Tartaro e mettere a rischio il Tamburo Battente di Gaia. Il titanismo degli umani può alterare pericolosamente certi equilibri naturali: di qui le catastrofi ricorrenti, richiamate nei miti. Ma dopo terribili sconvolgimenti, torna la calma: il cuore pulsante di Gaia compensa gli squilibri e ripristina i ritmi che erano stati messi a repentaglio.
Saggezza ecosofica: assecondare il tamburo battente di Gaia
Quanto sopra, comporta un duro prezzo da pagare: città devastate, civiltà distrutte, pochi i sopravissuti…essi possono costituire la base per un nuovo ciclo di civiltà, improntato su una nuova saggezza ecosofica, adatta al contesto. In ogni caso, essa richiede alcuni orientamenti di fondo:
– assecondare i ritmi e le leggi di Gaia, ridimensionando il protagonismo umano;
– rispetto e compassione per tutti gli esseri, umani e non-umani;
– politica cosmica, rivolta ad armonizzare la coesistenza di tutti gli esseri, in quanto partecipi del Respiro del Tutto.
Paolo Scroccaro
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